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Non vorrei ora, introducendo la questione di come funzioni l’apparato psichico, diventare troppo pedante e allontanarmi dalla linea che mi sono dato cercando di essere il più semplice possibile ed esporre i concetti psicoanalitici in maniera discorsiva, mostrando soprattutto le applicazioni di essi nella pratica clinica.

Ci provo attraverso un percorso misto che alterni l’esposizione di tali concetti all’osservazione delle situazioni in cui essi si applicano.

Le difese, i tutte le forme e nei modi in cui esse si mostrano, hanno la funzione di impedire che il nostro conscio entri in contatto con un’idea che appartiene agli strati più profondi della persona, generando un conflitto se questa idea è, per varie ragioni, inaccettabile all’apparato psichico. Dobbiamo, a questo punto, descrivere come funziona questo sistema e quali sono le sue prerogative, tenendo conto che non è facile accettare le idee psicoanalitiche in quanto, spesso, evocano reazioni di opposizione e di rifiuto per dei concetti che non sono di facile assorbimento come gli impulsi inconsci incestuosi, sadici, omosessuali e simili. Fin dall’inizio Freud avanzò l’importante ipotesi che i sintomi dei pazienti potevano essere visti come l’irruzione in forma mascherata di forze emotive che erano state rimosse, e che tale rimozione ha una funzione di difesa. I sintomi insorgevano quando una quantità di energia affettiva era spinta fuori da questo stato e poteva trovare un mezzo indiretto di espressione. In un primo tempo Freud fu convinto che tali affetti o emozioni fossero suscitati da esperienze traumatiche per cui il trattamento si basava sull’idea di portare alla coscienza queste emozioni ed i ricordi ad esse associati, e che provocando l’abreazione della scarica d’affetto potevano venire assimilate all’interno dell’apparato psichico in una forma che ne diminuiva la valenza traumatica. Questo punto di vista fu successivamente modificato da Freud quando scoprì che molti traumi rievocati dai pazienti non erano ricordi di eventi reali, ma fantasie create nell’infanzia che erano state escluse dalla coscienza ma che sembravano agire come eventi reali, invece che fantasie di desiderio che venivano gratificate dall’appagamento nella fantasia. È di questo periodo il testo fondamentale di Freud “L’interpretazione dei sogni” nel quale l’autore comprese come gli impulsi psicologici avevano modo di esprimersi, in forma mascherata, in superficie. Egli concepì l’apparato psichico suddiviso in una parte “Inconscia” che conteneva le pulsioni e i desideri istintuali che premono per ottenere l’appagamento, ma il cui accesso alla coscienza potrebbe mettere in moto dei conflitti gravosi per la persona, per cui vengono trattenuti in profondità dalla forza della rimozione o, se vi hanno accesso, possono farlo solo in forma distorta o censurata. L’altra istanza venne definita “Preconscia” nella quale possono accedere quei contenuti che non richiedono l’intervento delle difese, mentre la parte “Conscia” è quell’istanza psichica nella quale predominano i processi logici e la conoscenza della realtà esterna, nonché gli ideali e le norme stabilite dall’educazione. Freud modificò ancora lo schema dell’apparato psichico quando si accorse che non tutto ciò che appartiene al sistema Conscio è accessibile alla coscienza e che anche una parte del Conscio funziona in maniera inconscia, per cui introduce una nuova istanza chiamata “Super-Io” che costituisce il residuo interno dei conflitti del bambino con i genitori e rappresenta il veicolo della coscienza morale e degli ideali del bambino. Proviamo a capire ciò che ha mosso Freud partendo dal seguente esempio. Ipotizziamo che una persona compia un’azione che il suo sistema etico considera biasimevole, per esempio ha un gesto di stizza nei riguardi di qualcuno che gli è anche caro, lo tratta in maniera impertinente pur sapendo che quest’altra persona non è responsabile dell’alterazione del suo stato d’animo di quel momento. Pur essendo consapevole di questo, per eccesso d’orgoglio è incapace di ravvedersi e ripianare il contrasto, continuando imperterrito a sostenere il proprio punto di vista senza scusarsi. Può succedere che questa persona incorra poi in un piccolo incidente provocato da disattenzione o al fatto che in quell’occasione sia stato particolarmente incauto, quando normalmente non lo è per quella attività e il suo sistema di attenzione è normalmente vigile. Che cosa può aver fatto sì che egli incorra in quell’incidente che possiamo definire per lui insolito? Egli potrebbe provare il peso di un inconscio sentimento di colpa che si esprime nel bisogno inconscio di punizione, derivante dalla percezione di non aver rispettato i propri dettami morali e di aver inutilmente offeso la persona che gli è cara. Questa è una ricostruzione semplicistica ma nella realtà vengono descritti anche casi di “delinquenti per senso di colpa” che dopo aver commesso il “delitto” lasciano delle evidenti tracce di esso con fine inconscio di venir scoperti e ricevere il castigo che una parte di loro sente di aver meritato, poiché in caso contrario la loro angoscia potrebbe aumentare sino a raggiungere livelli intollerabili. Si deve tenere in considerazione come le formulazioni di Freud riguardo al sorgere dell’angoscia si siano modificate da un periodo a quello successivo della sua evoluzione teorica. Se in un primo tempo egli sosteneva che l’angoscia derivi dalla rimozione del piacere atteso dal soddisfacimento del bisogno, nella nuova formulazione l’angoscia è intesa come un segnale affettivo di fronte ad una situazione di pericolo, ed “è più giusto dire che i sintomi vengono creati per evitare la situazione di pericolo, segnalata attraverso lo sviluppo d’angoscia”. Essa “possiede un carattere di indeterminatezza e di mancanza d’oggetto: è angoscia prima di e dinanzi a qualche cosa”. Qual è il significato della situazione di pericolo? Per Freud essa corrisponde alla valutazione della nostra forza in confronto alla sua entità e rappresenta l’ammissione della nostra impotenza contro di essa: l’impotenza materiale nel caso del pericolo reale, l’impotenza psichica nel caso del pericolo pulsionale.

Dott. Luciano Rizzi, psicologo-psicoterapeuta

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Giugno 15, 2016

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